giovedì 9 agosto 2018

Anatrema



Nell’incedere barcolla
e nel corpo si fa frolla
quando pensa al suo destino:
accoppiata, ma ad un vino

dopo una lenta cottura
nel tegame sepoltura
non è vita, ma tortura
o meglio, rosolatura.

E ogni fuga gli è negata
da quella zampa palmata
che l’impaccia nella corsa
può tentare, ma è già persa.

Perciò l’anatra tremante
prova a non pensare a niente
e nel bianco della mente
un assillo è più assillante

non la morte, non l’ignoto
capitombolo nel vuoto
se la testa la tormenta
può restarsene anche spenta

no, ben altro è quel tarlo
nel silenzio può ascoltarlo:
se mai mi faranno lessa
sarò brodo di me stessa?

e il mio io, la mia essenza
sarà anima o pietanza?

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