Un giorno una medusa
s’è forse un po’ confusa:
una mano l’ha sfiorata
ma lei non l’ha urticata.
S’è messa a far le fusa.
filastrocche, poesie comiche e indovinelli in rima
Un giorno una medusa
s’è forse un po’ confusa:
una mano l’ha sfiorata
ma lei non l’ha urticata.
S’è messa a far le fusa.
L’ho visto da lontano,
ma son quasi sicuro:
al centro della ruota
tra penne da sovrano
che mai spiccano il volo
lui mostra proprio il culo.
che è diventato cigno
sarà forse più avvenente
ma ha messo su un ghigno…
Il pappagallo ammaestrato
è un volatile ubbidiente
che pronuncia docilmente
tutte le parole
e quelle sole
che l’uomo gli ha insegnato.
Ma l’uomo con insistenza
a quel variopinto uccello
ripete ormai da parecchio
quelle parole solamente
che in precedenza
mentre giace profondamente
addormentato
il pappagallo suadentemente
all’orecchio
gli ha mormorato.
quasi quanto a diventar più danaroso
elaborò un metodo assai ingegnoso
per rendere possibile il passaggio
d’un cammello dalla cruna d’un ago:
“Moltiplicare per due pi-greco il raggio
della gobba per calcolare la dimensione
della cruna, poi fare l’ago in proporzione…”
Niente di più facile, ma solo in teoria,
giacché il ricco, difettando in zoologia,
infilò un dromedario nella fessura
e quello s’incastrò, povera creatura,
con l’unica gobba che faceva da tappo.
Da allora si è grati al dromedario,
unico animale che si sia sacrificato
affinché il ricco, grazie a una gobba,
almeno una volta fosse gabbato.
ha confidenza coi luoghi più remoti
di ciò ch’è prossimo lei non si cura
bensì di eventi e fatti ai più ignoti.
Così allunga il collo per curiosare
oltre l’evidenza, che le par sciocca,
ma mentre lontano s’incanta a guardare
d’un ippopotamo pesta la cacca.
L’antilope che si alza di buon ora
subito deve correre altrimenti
il leone che l’insegue la divora
per mettersi qualcosa sotto i denti.
Il leone che al mattino si ridesta
comincia a correre di buona lena
anche se gli fa un po’ male la testa,
sennò l’antilope fugge e lui digiuna.
Morale della favola: leone
o antilope tu sia, corri, che questo
è il senso del tuo esistere terreno.
Così fanno quei due, senza ragione,
finché non capiranno ch’è più giusto
vivere tutti in modo più sereno,
dormire fino a tardi e andare piano…
Una mattina una bimba a scuola
pensò che emme e enne pari sono,
la differenza è in una gamba sola
e alla fin fine è quasi uguale il suono.
Le scrisse poi senza far attenzione
e alla maestra che la sgridava
perché così faceva confusione
disse: “Di due lettere non sarò schiava!
Decido io il destino di emme ed enne
e a me non importa dove stanno.
Se mi va uso l’una, oppure l’altra:
sono o non sono intelligente e scaltra?”
Poi però come ci rimase male
quando un bel giorno, non ricordo quale,
chiese a un'amica: “Mi dai una mano?”
Ma ricevette Gongolo, il nano.
Io l’invidio, la vita dell’orango,
per validi motivi ai più ignoti,
perché lui sa sottrarsi al fango
arrampicandosi sui più remoti
banani per mangiarsi tutto solo
quei frutti dal sapore tropicale
senza fare ad alcuno alcun male.
E se gli prudono poi pancia o culo
grattarseli lui può con quattro mani,
scrutando gli orizzonti più lontani.
La pipì del pipistrello
piove sempre sul più bello,
non concede alcun preavviso
quando vesti assai elegante
e sei in mezzo a tanta gente
o appoggiato ad un cancello
stringi forte e baci in viso
sotto un dedalo di stelle
la più bella delle belle
che si trova un po' bagnata
e poi fugge costernata.
Cambia il mese, il giorno, l’ora
ma non cambia mai la storia
se ti trovi sul più bello:
invitato ad un gran ballo
con il tuo miglior borsello
e però senza cappello?
O disegni un acquarello?
Posi da fotomodello?
O nei pressi di un fornello
rosolando un culatello?
Alla guida di un vascello
te ne navighi tranquillo?
Nella gara senza appello
sei vicino alla vittoria?
Riecco ancora il pipistrello
che non sbaglia mai traiettoria
ti bombarda implacabile
come un nero dirigibile
col suo radar infallibile
che gli serve solo a quello.
Vuoi evitar questo macello
senza esserne zimbello?
Non trovarti sul più bello!
Nel becco del pellicano
capiente come una valigia
ci sta in un pigia pigia
un armamentario strano.
C’è dentro uno spazzolino
e due ricambi di pigiama
sei copie di Topolino,
tre mutande e una dama;
ci trovi foto di cavalli
e una tartaruga viva,
collezioni di francobolli
tutti bagnati di saliva,
dodici smunte piante grasse
e un pappagallo imbalsamato,
pillole usate per la tosse
e un criceto appisolato.
Ci sono seggiole e occhiali
un grosso osso di prosciutto
un comodino, due guanciali,
uno specchio semidistrutto.
Ha raccolto tutto in fretta
quando la sua pellicana
strepitando come matta
l’ha cacciato dalla tana.
Da quel dì non ha più pace,
e svolazza per scogliere,
non è stato ancor capace
di trovare un rigattiere.
Girovaga disperato
e si porta tutto appresso
ma l’amor che tanto ha amato
non sa più dove l’ha messo.
Lui si credeva estinto,
razza ormai scomparsa,
ma poi venne convinto
a fare la comparsa.
Povero tonno
così complessato
da più di un anno
è inscatolato
sarebbe contento
di star lì rinchiuso
per quanto contuso
ma ancora ha paura
se pensa al momento
dell’apertura.
Shhhhhhhhhh sibilò il serpente
e intendeva dire: Facciam baccano!
Ma ciascuno invece restò silente
capendo che volesse dire: Piano!
è uno tra gli animali più discreti,
nessuno da vicino l’ha mai visto
c’è persino chi ritiene non esista.
Ma lui è solo molto freddoloso
e fuori nevica ed è così ventoso,
lascia qualche impronta, ma vi è costretto
poiché nella tana non ha il gabinetto.
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