Il bambino che
non ha un briciolo di paura fissa l’alieno a bocca aperta. Anche l’alieno guarda
il bambino, i suoi occhi sono fissi come quelli di un pesce in un acquario, il
suo sguardo sembra provenire da un’altra dimensione. Per un attimo l’alieno si
volta indietro e osserva curioso le infermiere che hanno ripreso a parlare
sottovoce appoggiate ad una porta, proprio in fondo al corridoio.
-
Chi
sei? – domanda il bambino.
-
Questa
è la domanda più difficile che mi abbiano mai fatto – risponde l’alieno.
-
Da
dove vieni? – insiste il bambino
-
No,
mi correggo. Questa è la domanda più difficile che mi abbiano mai fatto –
risponde l’alieno
-
Non
capisco – dice il bambino – mi sembrano domande semplicissime. Quando ti
domandano chi sei rispondi col tuo nome. Io ad esempio mi chiamo…
-
Capita
spesso che ti chiami da solo?
-
No,
in effetti non mi chiamo mai da solo, sembrerei uno scemo. Sono gli altri che
mi chiamano – riflette il bambino.
-
E
perché ti chiamano così?
-
Perché
è il mio nome.
-
Perché
hai scelto proprio quel nome?
-
Non
l’ho scelto io.
-
Aspetta
allora, dimmi se ho capito bene: tu sei il tuo nome che è la parola con cui ti
chiami ma in realtà non sei tu visto che tu non ti chiami, sono gli altri che
ti chiamano, quelli che hanno scelto il tuo nome. Quindi tu sei quello che gli
altri hanno deciso tu sia. Giusto? – conclude soddisfatto l’alieno con un
sorriso trionfante che andava da un orecchio all’altro. O forse era un orecchio
che sorrideva da una bocca all’altra.
-
Sì.
Cioè no. Non lo so più. Ma tu chi sei invece? Non ci credo che non lo sai.
-
Ho
detto solo che era una domanda difficile, mica che non so la risposta. Solo che
di risposte ce ne sono tante.
-
Ma tu
sei uno solo, ci deve essere una sola risposta alla domanda “chi sei?”
-
Davvero
sulla terra è tutto così semplice? – risponde l’alieno.
-
No,
sulla terra è tutto molto complicato. Ma almeno noi terrestri sappiamo cosa
rispondere a domande come chi sei e da dove vieni
-
Sapete
rispondere. Ma non è detto che quella che date sia la risposta giusta.
-
Forse
hai ragione – riflette il bambino - Tu come risponderesti allora?
-
Io
chimicamente sono ossigeno, carbonio, idrogeno, calcio, azoto, rame, da cui
proviene il mio sgargiante color ramarro, e poi fosforo, zolfo, cloro,
potassio, sodio, fluoro, ferro, iodio, zinco e tracce di manganese cromo e
nichel. Io biologicamente sono acqua più o meno per due terzi, e poi grassi
proteine zuccheri e sali minerali. Io ereditariamente sono il prodotto di una
catena di informazioni che finora è stata trasmessa
ottocentoquattordicimilanovecentosettantuno volte di generazione in generazione
su come combinare quegli ingredienti nel minestrone della cellule che
compongono la mia incantevole entità. Io nominalmente sono quello che decido di
essere. Mi chiamo come voglio, non come vogliono gli altri. Con te adesso credo
che vorrò chiamarmi Alieno. E’ così che mi vedi, allora puoi chiamarmi così.
-
Va
bene, sei un alieno. Anzi l’Alieno. Ma non hai risposto all’altra domanda. Da
dove vieni?
-
Dipende
dal sistema di riferimento dal quale consideri mio spostamento. Vengo dal
corridoio di questo ospedale. Vengo dal tetto di questo edificio. Vengo dalla cabina
di pilotaggio della mia astronave. Vengo da un periodo in cui digerisco molto male e sento un
formicolio alla testa e un peso al cuore. Vengo da un grandissimo amore non
corrisposto. Vengo dal corridoio spazio-temporale che si è aperto grazie al
collasso della massa oscura che circonda la galassia TTNC-614. Vengo da….
-
Credo
di aver capito. Vieni da molto lontano.
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